Nightguide intervista Francesca Gaza

Nightguide intervista Francesca Gaza


Un disco che parte dal jazz e si muove fra pop, elettronica e sperimentazione: Lilac for people, il nuovo album di Francesca Gaza, è uscito il 5 Aprile, anticipato dai singoli Lilac e Almond tree, con la produzione artistica di Andrea Lombardini.





Il tuo nuovo lavoro si inserisce senza problemi nel filone del jazz sperimentale: pensando al jazz vengono sempre in mente fotografie in bianco e nero e locali fumosi, quindi ti chiedo: cos'è il jazz per te, adesso?
Quello che hai citato è una vecchia immagine del jazz creatasi pensando ad esso come musica nostalgica e crea un'immagine un po' stereotipata. Sicuramente in passato ha fatto parte dell'immaginario jazzistico ma il jazz è molto di più, la natura del jazz per me sta nella sua evoluzione e nel suo potere di riflettere la società del momento. Questo genere è talmente vasto e multisfaccettato che è difficile dargli una sola definizione. L'etichetta del jazz è stata usata per una varietà molto ampia di generi crossover, che sono un risultato della necessità dell'industria discografica di etichettare generi che possibilmente non sono ancora etichettabili. Il jazz per me è innovazione, improvvisazione, espressione artistica e rispetto per il passato come uno sguardo curioso e sveglio verso il futuro.


Come è nata la tua passione per questo tipo di musica, un tipo di musica assolutamente non facile da eseguire?
Mi sono innamorata del jazz all'etá di dieci anni quando sono entrata a far parte della Big Band del mio liceo come pianista. Ho iniziato con il jazz tradizionale, quello di Duke Ellington, Count Basie, Sarah Vaughan, Billie Holiday per poi iniziare man mano ad esplorarne diverse direzioni come quello di Kenny Wheeler, Maria Schneider, Keith Jarrett, Brad Mehldau, Vardan Ovsepian e altri. Ho sentito il desiderio di entrare sempre più in profondità di questo mondo meraviglioso e pieno di sorprese.


Ci racconti qualcosa in più sulla nascita di questo disco? Come è stato lavorare a Lilac for people?
È stata una enorme e lunga avventura piena di imprevisti e gioie inaspettate. Lilac for People ha iniziato a prendere forma due anni fa quando ho voluto iniziare a scrivere per un ensemble allargato. A giugno del 2017 abbiamo vinto il primo premio del MIDJ per la composizione e l'anno dopo, a maggio 2018, il primo premio di Jazzalguer diretto da Paolo Fresu, che ci ha dato la possibilità di finanziare il disco. Con la supervisione e produzione di Andrea Lombardini siamo poi andati in studio a registrare le mie composizioni e da lì ha preso forma il disco che è stato pubblicato dall' etichetta Auand. Ho messo in Lilac for People tutto quello che avevo e rappresenta per me un enorme fiore appena sbocciato oltre ad essere una fotografia del percorso collettivo fatto fino ad ora. Sono estremamente grata di avere al mio fianco sette musicisti nonché artisti di altissimo livello che credono nella mia musica e con i quali ho una grande affinità artistica e umana.


Hai portato il tuo lavoro in giro per l'Italia in quattro date: come è andata, c'è un concerto che ti è piaciuto particolarmente?
È stata una grande emozione presentare questa musica in giro per l'Italia e tutte e quattro le date sono state meravigliose. Sono una grande fan dei concerti molto intimi e in questo tour ne abbiamo fatti due, praticamente nel salotto delle persone che ci ospitavano. A Bolzano nello Stanglerhof c'è stata un'atmosfera magica proprio perché c'erano tantissime persone tutte sedute attorno al palco che in quel caso non divide la platea dal musicista, ma non ha confine. In quelle circostanze la musica riesce a toccare ancora di più e per me è una grande sfida e emozione esibirci in questo modo e raccontare la storia dei pezzi.


Mischi jazz, pop ed elettronica: quali sono le tue influenze musicali?
Le mie influenze sono tante e se ne aggiungono nuove ogni mese. Però sicuramente Björk, Kimbra, Becca Stevens, My Brightest Diamond, St. Vincent, Joni Mitchell, Laura Mvula, i Beatles, Kenny Wheeler e David Sylvian sono le mie influenze più forti. Sono anche una grande fan della musica classica, in questo momento sopratutto della musica rinascimentale. Trovo incredibile come le armonie possano suonare così moderne e nuove alle mie orecchie.


Ora la domanda che odiano tutti: puoi dirmi i tuoi tre dischi preferiti in assoluto?
Difficilissima! Mi butto:
“Music for Large and Small Ensemble” di Kenny Wheeler
“Sing to the Moon” di Laura Mvula
“Actor” di St. Vincent


Hai qualche consiglio per chi inizia a suonare adesso?
Tenere sempre le orecchie aperte, rimanere il più umili possibile e essere tanto, tanto curiosi.

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