Nightguide intervista gli Highly Suspect

Nightguide intervista gli Highly Suspect


Se andate su Wikipedia trovate la definizione hard rock e blues per gli Highly Suspect: in realtà la band del Massachusetts, fondata dai gemelli Rich e Ryan Meyer, non è facilmente ascrivibile a solo queste due categorie. C'è elettronica, c'è la voce di Johnny Stevens, che è una cosa tanto assurda, quanto unica, ci sono i sintetizzatori. Dopo aver iniziato facendo cover, un po' come fanno tutti, si sono spostati a Brooklyn dove hanno registrato l'EP The Worst Humans con Joel Hamilton, produttore di Black Keys e Wu-Tang Clan, poi sono approdati al primo album Mister Asylum, che gli ha valso la candidatura ai Grammy del 2016 come miglior canzone rock e miglior album rock. Il nuovo lavoro, The boy who died wolf, è uscito a novembre del 2016, e il loro ultimo tour li ha portati in Italia dove Filippo De Dionigi li ha raggiunti e ha intervistato Ryan Meyer, il loro batterista. 





Questo tour sembra enorme, e vi porterà in giro per tutto il mondo fino al Coachella: potete raccontarci qualcosa? Com'è la vita sulla strada?
La vita in tour non è sempre così facile. Avere un tour bus piuttosto che un semplice van certo aiuta, ma ciò comporta più persone che girano sul bus, più cose a cui fare attenzione, eccetera... però sì, alla fine è una benedizione: se riesci a girare il mondo in tour con la tua band sei davvero fortunato!
Ci sono tantissimi artisti in tutto i mondo che non riescono ad avere l'opportunità di farlo, per cui chi invece ne ha la possibilità non deve proprio lamentarsi di nulla, secondo me.
Vediamo posti e cose magnifiche in giro per il mondo e soprattutto incontriamo un sacco di persone fantastiche. Poi certo, magari ti capita di fare la doccia in un cazzo di bagno microscopico, o che non ci sia spazio nel backstage, o che faccia fottutamente caldo o freddo e così via, ma ovunque ci sono dei piccoli problemi e, nel nostro caso, questi “problemi” arrivano insieme ad un sacco di altre cose fantastiche! Per cui fa assolutamente parte del gioco, nella musica come i tutto il resto. Perfection is not human!


Il disco ha un titolo davvero interessante, è una specie di richiesta d'aiuto che non viene ascoltata?
Allora, si tratta sicuramente di un gioco di parole, ma non nel senso espresso da te nella domanda, non ha nulla a che vedere con il detto “al lupo, al lupo!”.
In questa storia si parla di un ragazzo che urla ma a cui nessuno pone più attenzione a causa dei suoi falsi allarmi, mentre il titolo del nostro album è semplicemente un gioco di parole.
Ciò a cui il titolo fa sicuramente riferimento è invece il brano contenuto nel disco intitolato appunto “Wolf”, la canzone più introspettiva per Johnny e che parla proprio di lui, di come sia cresciuto praticamente da solo e di tutto ciò che lo ha portato ad essere la persona che è oggi.
Lui si vede proprio come un lupo, spesso ama stare da solo, ha bisogno di molto spazio e così via. Il titolo del nostro album fa quindi riferimento a lui in quanto ragazzo “morto” giovane nel momento in cui si è trovato costretto a prendere coscienza della sua reale identità: il ragazzo (the boy) è morto lasciando lo spazio all'uomo che oggi Johnny è diventato (the wolf).


Siete arrivati primi nella classifica finale di Billboard, come mainstream rock song artist: come ci si sente? Puoi dirci qualcosa della storia della band dai bar per sportivi al Coachella?
E' stato un percorso molto lungo, io Johnny e Rich siamo insieme ormai da 10, 12 anni anche se la band è nata ufficialmente un po' dopo. Ci conosciamo da quando Johnny aveva 19 anni, io 20 e suonavamo nella cantina di casa di mio cugino. Abbiamo iniziato una band fondamentalmente io e lui e questo è il motivo per cui ad oggi nelle mie spie sul palco io ho soprattutto le sue parti vocali e di chitarra, a differenza di tutti gli altri batteristi che invece seguono, come dovrebbe essere, soprattutto il basso ma io ho sempre suonato con Johnny e con nessun altro, per cui ormai sono abituato così.
Poi ovvio, ho anche il basso in spia, ma con Rich ho un tipo di affinità diverso, abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto per 32 anni iniziando a suonare insieme con i giocattoli quando eravamo bambini. Ed ora suoniamo ancora insieme, condividiamo idee e abbiamo strumenti veri in mano!
Siamo in sintonia in un modo che non riesco a definire a parole. Riguardo all'essere stati eletti primi nella classifica “Mainstream Rock Song Artists” di Billboard beh, è stato un traguardo pazzesco per noi! In quella classifica guardano il numero di volte che la tua canzone è stata trasmessa in radio per cui il tutto è stato possibile grazie ad un grande lavoro delle radio che si sono assicurate che il pezzo passasse nonché ad una eccezionale fanbase che richiedeva la canzone.  Ci sentiamo veramente grati verso tutte queste persone che hanno reso possibile ciò e fortunati di avere una fanbase così forte.
Ieri sera abbiamo fatto un super-show a Monaco e, mentre mi facevo un drink nel backstage con Jeh-Sea dei Welles, la band che apre i concerti di questo tour, ad un certo punto lui mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha detto “Amico, voi avete i migliori fan che io abbia mai visto!” e io mi son sentito veramente orgoglioso!


Il vostro modo di usare la voce è davvero peculiare, ed è piuttosto diverso dalle altre band: come avete sviluppato questo stile, e quali sono le vostre influenze?
Intendi il suo tono di voce? Beh, whisky e sigarette! E' il frutto di una dura vita on the road!! (ride). In realtà penso che Johnny abbia un tono di voce molto pulito e dolce, dovrebbe solo curare un po' di più il suo stile di vita (ride ancora, ironico). Ma sai, gli piace vivere alla grande, è una rockstar dopo tutto! Più rockstar di molte altre rockstar che ho conosciuto nella mia vita.
Sicuramente ha avuto influenze da molti altri artisti, ma penso che si tratti di qualcosa di più che semplici influenze musicali.
Lui, come me del resto, è cresciuto ascoltando un sacco di band storiche del rock e del grunge come Led Zeppelin, Pink Floyd, Rolling Stones, Nirvana, Foo Fighters, Tool... e tutte hanno influenzato le sue radici profonde ed è per questo che suoniamo ancora rock. Tuttavia tutti noi ascoltiamo di tutto a 360°, band come Little Dragon, Dualipa, Adele, Kendrick Lamar, Gorillaz... io assorbo tutto ciò che è nuovo e fresco e curioso sempre tra le playlist di Spotify cercando di trovare nuova musica e nuovi stimoli. Penso che questo sia fondamentale per il Rock stesso, che ormai era arrivato ad un punto morto, o troppo legato all stereotipo “pugni in alto, heavy heavy heavy!” oppure troppo leggero ed evanescente, senza vie di mezzo.
Ci sono tantissimi concetti che possono essere espressi in altrettanti modi, quindi perché non farlo? Perché non cercare di rendere la tua musica unica? Penso che il Rock debba sempre evolversi per restare attuale e al passo con i tempi: mi piacerebbe ad esempio sentire più musica rock nelle pubblicità, essere su Billboard assieme a brand come Louis Vuitton, non so. Mi piacerebbe molto vedere più musica rock nella cultura mainstream, come è stato nel passato con band come U2 e Metallica che hanno raggiunto la popolarità di Michael Jackson. Le t-shirt di queste band sono diventate parte integrante della cultura popolare, lo stesso Coachella è pieno di ragazze che indossano magliette di band rock, grunge, punk e metal magari senza avere mai ascoltato una loro canzone.


Potete raccontarci qualcosa in più del progetto Ollies Skatepark in cui siete coinvolti?
Aaah, wow, come avete saputo questa cosa? Siamo stati coinvolti in questo progetto fondamentalmente perché Johnny è cresciuto andando in BMX e amando quello sport,
io invece non avevo mai provato a fare salti, trick e cose del genere ma ad un certo punto ho pensato che sarebbe stato figo provare qualcosa di nuovo e, all'inizio, è stato qualcosa che facevamo tra i tour bus parcheggiati durante i day-off del tour, senza nessuno intorno, giusto per passare il tempo; poi abbiamo iniziato a frequentare gli skatepark ed è stato super divertente.
Ci trovavamo lì ed era pieno di ragazzini che però, una volta arrivate le 9-10 di sera, se ne andavano lasciando tutto lo skatepark per noi, e a quel punto diventava un vero e proprio campo da gioco in cui passare il tempo, divertirsi, bere qualcosa insieme e così via, e uno dei posti di cui ci siamo innamorati è proprio l'Ollies Skatepark, che era il più grande skatepark al coperto dello stato. Volevamo fare qualcosa per questo luogo e per tutte le persone che in qualche modo ci avevano a che fare, quindi ci abbiamo suonato dentro ed è stato fighissimo, pieno di gente che faceva trick durante il nostro show con addirittura un tipo che ha fatto un mega-salto proprio sopra di noi coprendo una distanza pazzesca!
E' stato un live allucinante: tutti i concerti sono stati fighi, con delle folle pazzesche, ma nessuno ci era mai saltato sopra con una bici! E sì, a dirti la verità ero un filo agitato, anche perché il posto in cui stavamo suonando era molto piccolo ed io in particolare, nel caso in cui il tipo fosse caduto su di me e sulla mia batteria, non avrei avuto modo di scappare da nessuna parte! Ma tutto è andato alla perfezione.


Hai qualche consiglio per chi sta mettendo su una band adesso?
Non fatelo per i soldi!
Sicuramente è possibile fare dei soldi con la musica, ma può volerci veramente molto tempo prima di riuscire a guadagnare qualcosa. Devi innanzitutto amare quello che fai e farlo semplicemente perché la cosa ti rende felice. Inoltre, in un mondo come quello di oggi dove tutto cambia e si evolve ad un ritmo pazzesco (vedi i giovani batteristi che postano costantemente online video di loro che suonano, si confrontano, imparano uno  dall'altro e così via), c'è bisogno di tanto esercizio e tanta fortuna! Servono veramente entrambi.


Intervista a cura di Filippo De Dionigi e Valentina Ceccatelli.

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